MARIO DE LEO: LA MATRICE SPEZZATA.
1. La macchina cerebrale è fatta di miliardi di cellule specializzate, i neuroni, ognuna delle quali si comporta come un computer, nel senso che elabora l’informazione che riceve e passa il risultato delle sue elaborazioni ad altri milioni di cellule in agitazione costante, raffiche di impulsi, stati di soglia, un meccanismo che si riproduce ormai anche fuori dal cervello umano, nelle folle alle ore di punta, nelle megalopoli, nei grandi snodi aeroportuali. Meccanismi. E sono meccanismi gli universi riprodotti da Mario De Leo, circuiti stampati e saldati, componenti elettronici, condensatori, una dimensione che riproduce contemporaneamente il dentro e il fuori di un cervello, umano o elettronico che sia. Mario De Leo crea un vuoto, il vuoto in cui è possibile percepire il silenzio della mente, il vuoto in cui è possibile ascoltare il suono che si trasforma, il vuoto in cui è possibile iniziare a percepire un universo. Un vuoto in cui inserisce una dimensione contemporaneamente spirituale e tecnologica. Nelle opere di Mario De Leo vengono create le situazioni di una teoria scientifica dell’instabilità, modelli di articolazione interna che non rispondono ad alcun reale funzionamento se non quello di creare schermi mentali, De Leo crea immagini come fenomeni di percezione, osservatori di una dimensione cosmica che ha bisogno di meccanismi per potersi visualizzare. Architetture. Architetture di futuri edifici simili a cervelli, umani o elettronici, planimetrie di spazi in cui è la mente a creare le viabilità e le perturbazioni, prospettive di una produzione il cui sforzo è la realizzazione di un linguaggio plastico codificato verso l’elaborazione di un sistema percettivo dato per elementi minimi.
2. Frammenti. L’etimologia di ‘frammento’, che deriva dal latino ‘frangere’, appare in tutte le opere di De Leo, De Leo presenta incessantemente porzioni di universi, meccanismi selezionati per frammenti, schegge di potenzialità di rottura, dettagli, interruzioni, fratture, colte in un momento occasionale dell’esistenza di un intero mai dato, supposto, presente per evocazione. I frammenti di De Leo sono geometrie di linee di frontiere cerebrali, modelli di forze, incidenti di funzionamenti. Nessun elemento indicativo dei tipi di funzionamento supposto, nessuna spiegazione dei fenomeni di origine di tali funzionamenti, De Leo crea soglie microscopiche ed isolate di potenziali ri-costruzioni di uno spazio dell’enunciazione. Un sistema di dettagli in cui ‘ l’intero’ è sparito del tutto, e questa è una delle intuizioni di De Leo più ‘scientifiche’. Nell’introduzione a La nuova alleanza Ilya Prigogine e Isabelle Stenghers illustrano una delle grandi mutazioni della scienza contemporanea: “…Oggi ci scopriamo in un mondo rischioso, un mondo in cui la reversibilità e il determinismo si applicano soltanto a semplici, limitati casi, mentre l’irreversibilità e l’indeterminazione sono la regola”. In altre parole la spiegazione dei fenomeni come concatenamenti di elementi generati da un numero di regole ripetuto è stata superata dall’idea di un universo frammentato composto di elementi differenti per luoghi e qualità. L’universo di De Leo è per molti aspetti simile all’universo scientifico in cui spesso il frammento è anche l’intero, in cui una porzione di spazio è la totalità dello spazio, in cui la scheggia di funzionamento è il funzionamento…
3. Zone. Le opere di Mario De Leo costituiscono il carattere di una serie di forze in tensione. Le sue strutture si caratterizzano per la sua costante sperimentazione dell’elasticità di un confine, si configurano come zone, porzioni di un tessuto che evoca un meccanismo in funzione, senza mai rivelare né il meccanismo né la funzione. De Leo agisce in uno spazio di sospensione temporale ed in questa dimensione si affacciano i suoi riferimenti (nei titoli e nelle sue stesse dichiarazioni) ad una dimensione spirituale. In questa ottica i suoi meccanismi divengono tracciati di un ordine che produce un autoisolamento, una zona di riflessione e di meditazione che mette in funzione un presunto orientamento ad un ordine universale delle cose, un ordine che mantiene, comunque, la pressione di una dinamica della complessità in cui il caos è un elemento di stabilità.
4. Una operazione di confine quella di Mario De Leo, confine tra l’estatico e l’estetico, dove per estatico si intende lo stato che si pone fuori dalla mente razionale e per estetico si intende lo stato dentro una razionalità della sensazione.
Francesca Alfano Miglietti
1994